Dopo otto anni dall’ultimo spettacolo torna la danza al Teatro Filarmonico di Verona con Il Lago dei cigni di Čajkovskij, nella coreografia di Evgenij Polyakov.
Protagonisti del pomeriggio di apertura il 15 dicembre l’étoile Nicoletta Manni nel doppio ruolo di Odette/Odille ed il primo ballerino della Scala Timofej Andrijashenko (principe Sigfrid), nel ruolo di Rothbart Alessandro Macario, primo ballerino freelance.
Il sipario si apre su imponenti scenografie che ricordano le mura veronesi, ideate da Michele Ocese e realizzate interamente nei laboratori di Fondazione Arena, dipinte sotto il coordinamento di Paolino Libralato. Molti sono i riferimenti a luoghi amati dallo scenografo: il Giardino Giusti, le ville della Torre e dei Vescovi e, naturalmente, il lago di Garda con i suoi scorci fiabeschi e sul fondale la rocca di Malcesine.
In scena il corpo di ballo della Fondazione Arena, coordinato da Gaetano Bouy Petrosino, dimostra di essere all’altezza dell’impegnativa coreografia che un classico come Il lago dei cigni richiede. Splendidi come sempre Nicoletta Manni e TimofeiAndrijashenko che, sopratutto nei passi a due, mostrano tutta la loro bravura tecnico-espressiva. Onnipresente (o quasi) accanto a Sigfrid c’è Rothbart, Alessandro Macario, interprete perfetto. Da notare Simone Pergola, brillante e divertente nel ruolo del giullare di corte, così come Francesco Cipriani, il nobiluomo, che dimostra di avere un’ ottima padronanza della tecnica, preciso nelle posizioni quando atterra dopo ogni salto.
La coreografia di Evgenij Polyakov (1943-1996) ripresa da Enrica Pontesilli, fondatrice dell’associazione intitolata al maestro russo naturalizzato francese, è caratterizzata dalla figura centrale di Rothbart , che non è di fatto il cattivo stregone che inganna Sigfrid portando a corte il cigno nero ma è di di fatto il precettore del principe, una persona ambigua, a tratti buona ma anche decisa a mostragli il lato oscuro della vita. Il finale è a libera interpretazione anche se lascia presagire il trionfo dell’amore su tutto. Un Lago che lascia intravvedere l’anima tormentata del suo autore, dal sapore meno fiabesco di quello classico che conosciamo di Petipa/Ivanov, più umano, più vicino ai reali dubbi e timori dell’uomo, lasciando tutto sommato un sentore positivo verso il futuro. Interessanti le pose del corpo di ballo che spesso appaiono asimmetriche rompendo con gli schemi geometrici che ci si aspetterebbe naturalmente dagli ensembles e che donano così una maggiore freschezza al lavoro coreografico.
Ottima l’esecuzione dell’Orchestra della Fondazione Arena da parte del direttore estone Vello Pähn. Belli i costumi di scena di Francesco Morabito tranne forse gli abiti delle numerose dame di corte, di un colore troppo sgargiante da dare quindi un effetto preponderante e troppo riempitivo della scena.
Nella nuova produzione interamente firmata da Fondazione Arena, Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko saranno i protagonisti per le quattro rappresentazioni del 15, 18, 20 e 22 dicembre, alternati a Liudmila Konovalova e Victor Caixeta per le recite straordinarie del 21 e 31 dicembre. Alessandro Macario sarà in scena per tutte le repliche.
Parrebbe che il Filarmonico si sia dato l’obiettivo di proporre almeno un balletto ogni stagione. Il pubblico della prima era molto soddisfatto. Le date sono sold-out. Tutto fa pensare che l’anno prossimo torneremo per un nuovo piacevolissimo spettacolo.