La Danseuse di Patrick Modiano, Premio Nobel per la letteratura, è un libro che ti catapulta a Parigi, nel mondo della danza della prima metà del ‘900.
Un racconto semplice basato sul ricordo di un uomo solitario che, quasi per caso, prende l’abitudine di accompagnare una ragazza-madre-ballerina ai suoi allenamenti quotidiani presso il famoso studio Wacker, vicino a Place de Clichy.
Affiorano improvvisamente, tra le righe del libro, i nomi di alcuni grandi ballerini di un tempo ormai lontano dell’Opéra e dei Ballets-Russes, come Jean-Pierrre Bonnefous, Félix Blaska, Jeannette Lauret, Nicole Jade, personaggi ormai sconosciuti ai danzatori di oggi. Questa ballerina, alla quale l’autore non dà un nome, segue i corsi di Boris Kniaseff, un maestro russo, famoso per avere creato un tipo di sbarra a terra e da cui andavano a perfezionarsi étoiles quali Yvette Chauviré e Zizi Jeanmaire.
La danseuse sta lavorando al balletto “Le train des roses”, che andrà in scena al Teatro des Champs-Elysées. Conosciamo e ci viene in mente ”Le train bleu“ di Jean Cocteau con la coreografia di Bronislava Nijinskaja, ma questo “Treno delle rose” nominato nel libro in realtà non è mai esistito; esisteva invece un treno in Francia con questo nome che attraversava la parte nord del paese attraverso la campagna da Grisy-Suisnes (nome della vecchia stazione) passando per Brie-Comte-Robert, Villecresnes, fino a Parigi trasportando le rose che sarebbero poi state vendute nella capitale. Il racconto quindi mescola nomi appartenenti al passato con fatti puramente inventati, quasi a voler stimolare il lettore a cercare nella memoria ricordi di un vissuto lontano che si perdono quando si cerca di risalire coi pensieri fino alla loro origine; si alimenta così un sentore nostalgico di vecchi percorsi parigini ed abitudini che non esistono più come, ad esempio, la festa annuale offerta in una casa privata in esclusiva per gli artisti come Babililée, Hightower, Béjart, ecc.; un’abitudine che esisteva anche alla stessa epoca nelle serate milanesi del dopo Scala e che oggi non c’è più.
Se da un lato questo ricordo nostalgico di Parigi rende il lettore malinconico, come lo è pure lo stato d’animo della protagonista raccontata da Modiano, dall’altro, questo romanzo ci ricorda come lo studio della danza sia rimasto immutato oggi come allora, poiché di fatto esige sempre una dedizione assoluta ed una disciplina quotidiana; ma oltre a ciò l’autore francese lascia emergere l’aspetto curativo di quest’arte di cui nessuno mai parla. Questa danzatrice inquieta ed avvilita, dal passato ombroso, che vive di danza, è conscia che attraverso la danza, può lottare contro il “caos interiore e la depressione” per risorgere e riuscire infine a trasmettere al figlioletto un stato nuovo di accettazione e serenità che è pura gioia e che è un nuovo domani per entrambi.
Memorie di un tempo passato che si leggono, per ora, solo in francese. Peccato.