Parliamo con: Hans van Manen – Roberto Bolle – Nicoletta Manni – Martina Arduino – Luigi Bonino
Il Teatro alla Scala omaggia due grandi coreografi del nostro tempo: Hans van Manen e Roland Petit.
Dal 23 gennaio all’8 febbraio il sipario si aprirà sulla nuova tappa del progetto di balletti su musica da camera celebrando queste due icone della storia della coreografia.
Hans van Manen
Tre sono i brani di Hans van Manen. Adagio Hammerklavier, creato nel 1973 per l’Het Nationale Ballet, entrato nel repertorio scaligero negli anni ottanta, è descritto da van Manen come una “ode alla decelerazione”. Ispirata dall’Adagio dalla Sonata n. 29 in si bem. magg. Op. 106 “Hammerklavier”di Beethoven, di cui quest’anno si celebrano i 250 anni dalla nascita, “L’adagio è come una ruota che lasciata andare sta per esaurire il suo andamento”.
Otto danzatori scelti per tecnica e bravura, sono i protagonisti di Kammerballett, su musiche di Kara Karayev, Domenico Scarlatti e John Cage, creato nel 1995 per il Nederlands Dans Theater e mai presentato prima dalla Compagnia scaligera.
Sempre in debutto per la Scala, Sarcasmen, creato per l’Het Nationale Ballet nel 1981 in soli 8 giorni perché, come dice van Manen: “Il ritmo di Prokof’ev mi suggerisce facilmente la coreografia che è puro sarcasmo”. Nonostante questa affermazione, van Manen ama dire che prima pensa al movimento e poi si occupa della musica. Così come odia la definizione di pas de deux perché in questo balletto, che vede protagonisti una sola coppia ed un pianoforte, non vi è alcun passo a due, semplicemente esistono costruzioni coreografiche per due danzatori, dove “complice è il pianista”, aggiunge Nicoletta Manni.
Se guardiamo ai balletti del coreografo sono tutti intenti a mostrare le relazioni umane senza voler troppo studiare le conseguenze delle azioni. In Sarcasmen la ballerina appoggia la mano sul membro dell’uomo. Ha un significato? “Il pubblico ride ma forse non sa neanche perché”, dice il coreografo. E ciò non importa. Ciò che importa è il fluire della coreografia che parte da un’idea ma che non dev’essere pensata sulla costruzione del pensiero: “In Kammerballett io non penso la coreografia per 4 coppie ma per due volte 4″. Insomma non c’è storia, non c’è dietrologia ma se può colpire il pubblico e scuoterlo con un gesto aggressivo o ritmo destrutturato van Manen si compiace.
Roland Petit
Una serata tributo che riporta alla Scala anche il genio di Roland Petit con l’evocativo duetto maschile Le combat des anges (da uno dei suoi magistrali successi, Proust, ou les intermittences du coeur) e Le Jeune homme et la Mort.
Roberto Bolle dichiara: “La prima volta che ho ballato Le Jeune homme et la Mort ho dovuto superare limiti e resistenze; ho dovuto cedere alle richieste di liberare certi miei freni inibitori”. E’ indubbio che questa interpretazione abbia segnato la sua carriera. Petit sarà contento di vedere che ancora oggi, questo suo capolavoro esistenzialista, scavi ancora nella parte più profonda ed intima del suo protagonista. Ma davvero è la donna dall’eros provocante ed ammaliante a portarlo a togliersi la vita? Per le due interpreti Nicoletta Manni e Martina Arduino “In fondo questa donna non è cattiva”. Ma Luigi Bonino (interprete prediletto di Petit, oggi garante dell’eredità coreografica del maestro) fa un balzo sulla sedia sulla quale è seduto in conferenza stampa e spontaneamente afferma: “E’ una donna cattiva. La morte di per sé è cattiva”. La donna è presente fino alla fine. “Ma siamo proprio sicuri? E se fosse solo frutto della sua immaginazione?”, ci dice. Una scusante, dunque. Le jeune homme sta così male da vedere la donna come causa della sua sofferenza, sente la morte vicina, la immagina o la vede ma dicerto chiude con la vita grazie a lei.
Maggiori info: http://www.teatroallascala.org
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