Il 9 maggio alle 21:00 la Compagnia Aterballetto è in scena sul palcoscenico del Teatro Civico di Vercelli con Storie, una piccola antologia di frammenti danzati, parte del ricchissimo universo artistico e umano dei due coreografi Diego Tortelli e Philippe Kratz
Aterballetto danza Storie al Teatro Civico di Vercelli nella rassegna We Speak Dance.
Storie è una piccola antologia di frammenti danzati, che costituiscono solo una parte infinitesimale ma estremamente rappresentativa del ricchissimo universo artistico e umano dei due coreografi Diego Tortelli e Philippe Kratz.
Tortelli è presente in questa serata con due lavori: Preludio, in apertura, è una lettera d’amore al corpo per cinque danzatori sulle musiche di Nick Cave, Another story è un duetto sul gesto impossibile del 2020, l’abbraccio. Tra passato e futuro le due creazioni di Kratz. Il duo “O” ci propone due corpi/automi, che ci obbligano a interrogarci su come potrebbe mutare il senso del contatto fisico: resterà emotivo e sentito, o diventerà seriale e alienato? Alpha Grace, un passo a sei in conclusione di serata, è una riflessione sull’empatia, una forma di comunicazione gentile tra persone che si sentono sullo stesso piano. Anch’essa messa a dura prova dai tempi presenti.
Preludio è una creazione per 5 interpreti costruita attorno ad alcuni dei più intensi brani del cantautore australiano Nick Cave, uno dei più grandi esponenti del Post Punk. In questi suoi brani Cave affronta l’intreccio tra temi come l’amore, il “credo”, la dipendenza, l’ossessione e la perdita intersecandosi tra di loro come se stesse raccontando una storia, un vissuto che può essere percepito da tutti tramite il suo uso delle note o del tono di voce. La sua forza è che non è indispensabile capirne completamente il contenuto o la risorsa di ispirazione per poter “sentire” e “farsi sentire”. Tramite la sua opera Cave sostiene che non dovremmo andare a teatro, a un concerto, a un museo, per comprendere, ma per porci delle domande e per arricchire noi stessi, per analizzare noi stessi.
Another story vuole raccontare la nuova storia del gesto più temuto e allo stesso tempo desiderato del 2020, colpito da un’epidemia globale: l’abbraccio. Un gesto così semplice come un abbraccio si è ora reinventato aggiungendo infinite declinazioni al suo più basilare significato, trasformandosi nel desiderio più nascosto e all’opposto in un atto quasi “terroristico”, non perdendo comunque il suo significato profondo di condivisione carnale effettiva. Another story diventa quindi un abbraccio solitario, un abbraccio condiviso, un abbraccio violento, dolente, faticoso ed anche desiderato, nascosto, intimo, idolatrato… l’unica previsione a cui non possiamo affidarci è come questo gesto semplice continuerà la sua mutazione; quello che il coreografo Diego Tortelli intende fare è scrivergli un’altra storia da sentire e osservare mutuamente tra performer e spettatore.
L’idea alla base di “O” è l’eternità e come raggiungerla è l’obiettivo finale dell’umanità. Come per esempio nell’estate del 2017 a Hong Kong, quando per la prima volta due robot umanoidi hanno interagito l’un con l’altro. È diventato chiaro a tutti che un futuro, in cui l’intera conoscenza umana viene trasmessa da materiale inorganico comunicante, è a portata di mano. “O” può essere visto come due esseri umani o due robot che celebrano questo avvenimento in uno stato di trascendenza e realizzazione emotiva, in cui entrambi si muovono insieme al ritmo infinito dei loro cuori inarrestabili.
Alpha Grace, di Philippe Kratz (Premio Danza&Danza 2019 ‘Miglior Coreografo’), ha debuttato nel 2021 a Operaestate Festival di Bassano del Grappa e ha come oggetto l’empatia intesa come percezione di noi stessi in relazione a chi ci sta accanto. Questo passo a sei è una riflessione sull’empatia, una forma di comunicazione gentile tra persone che si sentono sullo stesso piano. Anch’essa messa a dura prova dai tempi presenti. Alpha Grace si rivolge al passato, all’essenziale, e in questo caso, a una delle nostre virtù forse più importanti: la compassione, l’empatia, intesa come percezione di noi stessi su un piano comune con chi ci sta accanto. Uno stato che ci permette di comprendere davvero l’altro, di non vederlo come diverso, di imparare a provare le sue stesse emozioni e così conoscerne il valore. La parola “alpha“, simbolo dell’arcaico, si abbina alla parola “grace“,la gentilezza dal valore quasi sacrale. La creazione lascia scorrere davanti ai nostri occhi momenti di solitudine, in cui gli interpreti comunicano individualmente. Poi, progressivamente, più persone si aggiungono al quadro fino ad arrivare a un’azione di gruppo in cui le varie voci nella loro dispersione seguono un ritmo che finalmente li accomuna.
Oppure, come il computer dell’astronave Hal nel film di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio quando dice in modo illusorio: “So di aver preso alcune decisioni molto scarse di recente, ma posso darti la mia completa assicurazione che il mio lavoro tornerà alla normalità. Ho ancora il massimo entusiasmo e fiducia nella missione. E voglio aiutarti.”