Il Teatro alla Scala ha chiamato Isabelle Fokine per la ripresa coreografica di Petruška e
Bronwen Curry per quella di Le Sacre du printemps: la prima è nipote del famoso ballerino e coreografo Michail Fokin, la seconda è garante dei lavori di Glen Tetley e presiede l’associazione che porta il suo nome.
E’, infatti, di grande importanza mantenere viva la memoria dei lavori dei grandi coreografi ormai scomparsi attraverso chi è stato designato a custodirne e promuoverne l’eredità coreografica. Ne è convinta Isabelle Fokine che della coreografia di Petruška non ha cambiato nulla. Questo è stato uno dei primi balletti che ha voluto raccontare la gestualità delle persone che si vedono per la strada. Il passo. il gesto, il movimento, dunque, riconoscibili. Nella piazza dell’Ammiragliato di San Pietroburgo, vi è la moltitudine colorata della festa per il Carnevale nel 1830, un vecchio ciarlatano presenta al pubblico tre burattini ai quali ha magicamente infuso sentimenti e passioni umane: la Ballerina, il Moro e Petruška, cuore palpitante di sentimento e malinconia, di un’umanità sottomessa e ferita, del riscatto di un’insopprimibile spinta dello spirito.
Gabriele Corrado e Virna Toppi durante le prove de Le Sacre du Printemps di Glen Tetley |
Bronwen Curry, al contrario, sembra dare spazio ad una evoluzione del movimento coreografico ne Le Sacre du Printemps di Tetley: per lei il balletto rimane vivo se si evolve con la tecnica e con l’interpretazione dei ballerini. Le Sacre è una coreografia dove l’ensemble è protagonista in una gestualità travolgente ma dove ciò che più conta è l’anima degli interpreti e, l’energia che ne deriva, è sprigionata dalla forza di movimenti viscerali, quasi ancestrali.
In apparenza le due coreografe sembrano opinare diversamente su cosa e come trasmettere alle giovani generazioni il lavoro ereditato, in realtà, i due balletti sono molto diversi poiché Petruška ha ancora un fraseggio classico mentre Le Sacre ha già in sé le contaminazioni della danza contemporanea che si concentra sulla libertà e la forza del movimento dettato dall’energia dirompente della musica di Stravinskij. L’una quindi mantiene intatta la purezza del classicismo, l’altra sente l’esigenza del divenire e così facendo entrambe mantengono la memoria del coreografo che non c’è più.