OPEN di Daniel Ezralow – 31 marzo 2022 – ore 21.00
Daniel Ezralow vive a Los Angeles, ma va avanti e indietro fra Italia e Stati Uniti da più di venticinque anni. Ha un rapporto costante con il nostro paese.
“In Maremma ho un rudere, e intorno ci sono 450 ulivi che hanno prodotto già una sessantina di litri d’olio. L’olio, con il caffè, sono gli alimenti che amo di più: due sapori molto mediterranei. Il mio intento è di coltivare un orto sano con ogni prodotto, come sto facendo a Los Angeles. L’Italia, per me, è un grande laboratorio creativo che mi ha dato la possibilità di sperimentare come da nessun’altra parte e di essere sempre “Open”, aperto. Credo che io e l’Italia ci siamo scelti reciprocamente. La mia seconda casa, dopo Los Angeles, è qui. Ci sono sempre stato bene, fin dalla prima volta che ci ho messo piede. Sia al nord che al sud, non vedo differenze. Amo l’Italia, c’è affinità fra me e la gente: ogni volta che vi atterro respiro la quiete, la serenità interiore. Adesso so parlare la vostra lingua e ho imparato a cucinare gli spaghetti e i risotti. Resto però uno straniero, un americano di origini ebreo russo-polacche”.
Daniel Ezralow all’Università ha studiato medicina e contemporaneamente si è dedicato allo sport. Poi si è avvicinato alla danza con un corso, e la febbre trasmessa non l’ha più lasciato. È stato un passaggio metamorfico: da atleta alla danza.
“La danza per me è vita, è un’energia dentro di noi universale. Perché siamo nati con il movimento. E’ come l’ossigeno nell’aria. Vorrei che chi vedesse Open avesse una buona sensazione e, poi, la trasmettesse a qualcun altro, come una cascata di gioia che si diffonde. Cerco spesso di trovare un modo diverso di esprimermi. Quando ho iniziato a danzare volevo solo capire come saltare. Poi ho cercato la perfezione del movimento. Ora non penso più a cosa fare, ma a cosa accade intorno al corpo. Ho capito che la danza esiste perché siamo vivi. Il battito del nostro cuore è un movimento che ci spinge a ballare e ci accompagna per tutta la vita. In questo momento mi viene in mente Lucio (Dalla): ho passato molto tempo nella sua casa di Bologna, a parlare di tutto. Ho dei ricordi meravigliosi anche della “Tosca”. Lui per la danza aveva un’enorme sensibilità. Ricordo che rivedendoci al Festival di Sanremo ci abbracciammo e ci mettemmo a ballare nei corridoi dell’Ariston. Gli proposi di lavorare di nuovo insieme e lui ne fu entusiasta. Poi una settimana dopo seppi che era morto. Mi manca tantissimo, ha lasciato un vuoto enorme”.
Open, scritto a quattro mani con la moglie Arabella Holzbog, è un patchwork di piccole storie che strizzano l’occhio allo spettatore con numeri a effetto, multimedialità, ironia e umorismo, all’insegna del più puro entertainment. “Un antidoto alla complicazione della vita”, come dichiara lo stesso Ezralow. Uno spettacolare inno alla libertà creativa, al ciclo della vita e alla rivisitazione dei successi da lui creati, volto a trasportare il pubblico in una nuova dimensione dove umorismo e intensità danno vita a una miscela esplosiva di straordinaria fantasia creativa ed emozione scenica.
“Prima di chiamare lo spettacolo Open, pensando a Calvino avevo pensato a Recostruction, perché dobbiamo continuamente rimuovere e ricostruire. Il titolo però non funzionava, così mia moglie mi ha suggerito Open: una parola che, con le sue quattro lettere molto bilanciate ha in sé tanta energia. I motivi per cui ho deciso di chiamare lo spettacolo Open
sono diversi: aperti possono essere il cuore, la mente, gli occhi, una finestra. Open vuol dire aperto al mondo, al lavoro, al business, agli altri. Bisogna guardare al presente senza remore, appunto con mente aperta. La vita è spesso pesante, ma abbiamo tanta energia positiva che aiuta a risolvere i problemi. Il titolo fa riferimento a un’apertura culturale ma anche stilistica. A me piace mescolare. La mia formazione non è classica, quindi ci sono poche punte; non è neanche la break dance, quindi non roteo tanto sulla testa. Posso però usare ognuno di questi elementi per comunicare il senso del momento”.
Sul palcoscenico di Open, oltre ad una scenografia molto semplice composta di quattro pannelli su cui vengono proiettati una successione di quadri visivi e vignette in movimento, vi sono otto ballerini della sua compagnia americana che, nelle numerose sequenze di gruppo, così come negli assoli, coniugano con scioltezza il linguaggio neoclassico e la modern dance, incantando il pubblico in un mix tra sorpresa, divertimento, leggerezza e agilità. Nella coreografia si susseguono emozioni e sensazioni differenti, come l’ironia, il dolore, o la speranza, fino ad arrivare a un’idea ecologista.