La Valse, Symphony in C e Shéhérazade, un trittico di grandi partiture dirette da Paavo Järvi per la nuova serata del balletto scaligero; accanto a Balanchine, due creazioni in debutto mettono in campo la creatività italiana.
Dopo Serata Stravinskij, anche il trittico in scena dal 19 aprile al 13 maggio rinnova il connubio fra danza, partiture importanti e importante direzione d’orchestra. Paavo Järvi è sul podio, al suo debutto in un balletto alla Scala. Sin da giovanissimo Paavo Jaärvi debutta al Teatro dell’Opera di Tallinn dirigendo un balletto: Giselle. Nonostante il maestro dichiari di essere stata quella direzione, all’epoca, un disastro per la difficoltà di coordinamento dell’orchestra con il corpo di ballo, egli è più che convinto che il legame tra musica e gestualità sia tale per cui non si possa più dirigere una partitura su cui si è creata una coreografia senza averne in mente il frasario del movimento.
Shéhérazade, sulla suite sinfonica di Rimskij-Korsakov, porta la firma di Eugenio Scigliano, che ha già dato prova di qualità artistiche ed espressive con diverse compagnie italiane e non solo. Partendo dalla traccia narrativa del primo balletto su di essa creato, nel 1910, da Fokin con allestimento di Bakst, il coreografo si concentra sulla figura di Zobeide per trasformare, senza essere influenzato da coreografie passate, l’attualizzazione di una storia fatta di sottomissione e sopruso, di amore e sensualità. “Mi sono lasciato portare liberamente dalla poesia di questa partitura per fare emergere la tematica attuale della violenza sulle donne”. Come scenografia, il colonnato nero presente in scena (scene e luci sono di Carlo Cerri) sta a simboleggiare la gabbia in cui spesso si ritrovano le donne vittime di abusi da parte dei loro compagni. Zobeide, che ricorda l’originale, è in realtà una donna moderna e forte che rimanda un po’ alla storia delle donne del sud, sottomessa al proprio uomo ed al resto della famiglia ma che non riesce ad accettare oggi il sopruso. Il personaggio dell’ombra invece è colei che è rassegnata e che ormai ha accettato questa sottomissione.
Colleen Neary ci ricorda le parole che gli diceva Balanchine: “guarda la musica e ascolta la danza”. Symphony in C, è uno dei suoi capolavori da dove è nato il genere “concertante”, strettamente integrato alla musica, senza trama ma non senza espressività, toni e atmosfere. Bizet compose la Sinfonia n.1 in Do maggiore ancora allievo diciassettenne di Charles Gounod al Conservatorio di Parigi. Il manoscritto, dimenticato per decenni, fu pubblicato dopo essere stato rinvenuto nel 1933 nella biblioteca del Conservatorio. Balanchine seppe da Stravinskij di questa partitura scomparsa; nel 1947 in due settimane ne creò un balletto messo in scena al Palais de Cristal, per l’Opera di Parigi di cui era maître ospite. L’anno successivo, per il New York City Ballet, semplificò scene e costumi e cambiò il titolo.I Ballets Russes, Djagilev, Ida Rubinstein incrociano anche loro in passato il destino di La Valse. Ravel inizia a concepire l’idea di una specie di omaggio a Johann Strauss figlio dal 1906. Nel 1914 il lavoro, Wien, avrebbe dovuto essere un «poema sinfonico»; soltanto nel 1919-20 Ravel realizzò il progetto, su commissione di Djagilev, con il titolo La Valse ma a l’impresario questa partitura non piacque e fu poi coreografa da Nijiska per la compagnia della Rubinstein.
Crediti foto di prova: Marco Brescia e Rudy Amisano


