La coreografa coreana Eun-Me Ahn presenta a Torinodanza Festival 2022 lo spettacolo Dragons, ponendo al centro di questa nuova creazione il mito orientale del drago, le cui forme e significati hanno fluttuato nel tempo seguendo i capricci e le svolte generazionali della civiltà umana. Il suo drago è rappresentato da giovani danzatori nati nel 2000, la cosiddetta generazione Z: un modo per esplorare i rapporti tra l’omologazione culturale della nostra epoca, governata dalla tecnologia, e il tramandarsi delle tradizioni popolari che in Asia continuano a vivere e a evolversi.
Lo spettacolo debutterà alle Fonderie Limone di Moncalieri, in prima nazionale, il venerdì 7 e sabato 8 ottobre alle ore 20.45.
Il drago è una creatura mitica la cui forma e significato sono fluttuati nel tempo, seguendo le bizzarrie generazionali e le evoluzioni della civiltà umana. I draghi d’Oriente sono diversi da quelli dell’Occidente, ma ciò che rimane coerente tra tutti i contesti è l’origine della bestia: un accorpamento di vari animali per costituire le parti anatomiche principali e le caratteristiche speciali. E quando guardiamo oltre, smontando le strutture iconiche di significato intorno a questa immagine composta, troviamo due cose: in primo luogo, la profonda paura del destino, troppo potente per essere controllato con la nostra forza meramente umana; in secondo luogo, l’aspirazione alla costruzione di un potenziale veramente illimitato. In qualsiasi paesaggio culturale radicato nel cristianesimo, un simile essere sarebbe solo un mostro da eliminare; ma nella maggior parte delle altre aree del mondo il drago ha rappresentato per lungo tempo un simbolo di autorità e saggezza trascendenti, in grado di conferire all’umanità il potere e il coraggio necessari per superare grandi sconvolgimenti del mondo, proprio perché dotato della flessibilità e della resilienza necessarie per adattarsi e prosperare tra cambiamenti repentini. Come dobbiamo intendere oggi il drago? Noi che siamo disillusi dalla promessa di prosperità attraverso la globalizzazione; noi che temiamo di non sapere cosa ci aspetta; noi che abbiamo perso quelle scintillanti visioni del futuro del ventesimo secolo: se dovessimo immaginare un drago del nuovo millennio, come dovrebbe essere?
«Il titolo iniziale di questo progetto – dichiara Eun-Me Ahn – era Millenium Baby Project: ho fatto ricerche in molte regioni asiatiche per trovare e comprendere meglio i danzatori nati dopo il 2000 e cresciuti in un mondo già governato dalla tecnologia, danzatori che appartengono alla generazione Z. Sebbene l’omologazione culturale, tra smartphone e globalizzazione, sia innegabile, resta il fatto che le diverse tradizioni della danza popolare in Asia continuano a essere tramandate e si evolvono ognuna in modo diverso. Ho cercato di creare, utilizzando la vitalità e l’unicità di questi danzatori, una nuova dimensione (un nuovo spazio-tempo) del drago, che ci guidasse in un futuro mai visto. I cinque giovani danzatori sono arrivati da cinque diversi Paesi dell’Asia: raccogliendo le eredità dei loro corpi, e attraverso il processo di proiezione su ogni schermo-corpo, esplorano nuovi strati e topografie per costruire un tempo e uno spazio del drago. Nel punto in cui il mondo stesso trabocca, dove il luogo diventa momento e il momento diventa luogo, qui, tutto diventa possibile».