Riflessioni sulle giovani carriere dei ballerini
Grazie ad un volo intercontinentale della Air France sono riuscita finalmente a vedere Dancer di Steven Cantor: la storia sofferta del grande ballerino ucraino Sergei Polunin.
Il film racconta, in tutta onestà, le sofferenze emotive di una giovane vita spesa per la danza.
Fin da bambino Sergei Polunin dimostra di avere capacità e talento fuori dal comune tanto da passare, in poco tempo, una volta entrato alla prestigiosa Royal Ballet School, ai corsi degli allievi più grandi. A soli 19 anni viene nominato principal della compagnia (una promozione mai avvenuta prima nella storia del teatro per un ballerino di quell’età) ed in poco tempo diventa il danzatore tra i più acclamati al mondo.
Per permettere gli studi prima a Kiev e poi a Londra, la sua famiglia deve dividersi: il padre parte a lavorare in Portogallo (racconterà che rimarrà 6 anni senza vedere il figlio), la nonna in Grecia mentre la madre tenta di seguirlo ma ha problemi per ottenere il visto e, nonostante sia straziata per la separazione, deve rimane in Ukraina. Un anno dopo i genitori si separano provocando un enorme dolore al ragazzo rimasto solo in Inghilterra.
Dancer fa riflettere sopratutto sul ruolo chiave che hanno i genitori quando si trovano di fronte a giovani vite che, per passione e talento, scelgono già in tenera età una carriera (come può essere quella del ballerino o di un atleta) che richiede un impegno formativo ben definito con enormi sacrifici da entrambe le parti e dove molto spesso ci si può sentire intrappolati.
Sergei sa che deve dare il meglio di sé per avere indietro la sua famiglia ma il lavoro estenuante non è servito, la sua carriera è alle stelle ma la sua famiglia si è sgretolata. L’étoile è quindi in trappola, la danza , la passione di un tempo, non ha più uno scopo. “Era chiaro che la sua famiglia gli mancasse; è stata colpa nostra”, dice il padre.
Sergei Polunin d’un tratto decide di lasciare il Royal Ballet, nessuno capisce il motivo, anzi, i più lo temono e non lo cercano. Nemmeno l’ABT, la compagnia newyorchese della grande America delle opportunità, gli tende una mano.
Torna a casa. Il confronto con la madre è duro: “…eri. esigente con me, hai pianificato per me…avrei voluto arrivarci da solo”. La mamma non rinnega le scelte fatte: “eri dotato, ti piaceva, non avevamo niente e da noi non c’era futuro”. Anche il padre, sebbene sia lontano, sostiene le scelte della madre e la capacità che avuto di guidarlo nella sua brillante carriera,
Igor Zelensky è l’unico che crede in lui e lo invita a ballare per il Teatro Stanislavsky. Polunin ritorna in scena ma dopo due anni entra nuovamente in crisi . Chiama il suo caro amico e compagno di scuola di ballo, Jade Hale-Christofi (ballerino e coreografo), e gli annuncia che per lui questa è veramente la fine della sua carriera. Vuole lavorare con lui sulla canzone Take Me To Church di Hozier e comunicare così al suo pubblico, con un ultimo ballo, l’impossibilità di continuare. La coreografia riesce ad evidenziare tutto ciò che Polunin è: bellezza, potenza, sensibilità; il suo modo di ballare e sentire quei passi studiati esclusivamente per lui sono unici. Il filmato è diretto da David LaChapelle, mostro sacro della fotografia, la canzone è strepitosa; Take Me To Church diventa virale con milioni di visualizzazioni su youtube. Con questo lavoro finalmente Sergei stacca il cordone ombelicale: alla mamma non deve più niente.
Dopo qualche tempo ritorna la necessità di danzare e Sergei balla nuovamente in Russia, questa volta difronte ai suoi genitori ed alla amata nonna, cosa che non era mai venuta prima. E’ un Sergei diverso, si è rasato a zero, quasi a dire di aver chiuso con i demoni del passato. Tutti vorremmo abbracciare Sergei dopo lo spettacolo in camerino perché siamo commossi come lo sono tutti i suoi parenti perché è il figlio di tutti, di tutti noi genitori che in fondo cerchiamo di aiutare ed indirizzare senza accorgerci che, a volte, i nostri figli hanno già fatto altre scelte e si sentono in trappola.
La mamma dice che Sergei ha bisogno di autorità. Non so se oggi Natalia Osipova abbia su di lui l’autorità della quale lei parla, ciò che è certo è che finalmente questo ballerino sublime ha trovato l’amore e questo a noi basta per vederlo e sentirlo sereno.
📹 Qui di seguito il video di Sergei Polunin “Take me to Church”