ÉTOILE(S) il libro autobiografico di Dorothée Gilbert illustrato dalle fotografie di James Bort.
Uno dei vantaggi della clausura forzata a casa, imposta per combattere la pandemia da Coronavirus, è il tempo per la lettura che è notevolmente aumentato. Sicuramente la mia attenzione ed il mio interesse sono principalmente per le notizie quotidiane che riguardano il maledetto covid-19 ma poi cerco di distrarmi leggendo i libri che avevo lasciato indietro sul mio comodino. Non sufficientemente paga di queste letture mi sono ordinata su Amazon ÉTOILE(S): il libro autobiografico di Dorotée Gilbert, étoile dell’Opéra di Parigi, che era da tanto che volevo leggere. Oggi comunque mi pento di questa mossa, che definirei superficiale, perché anche le consegne a domicilio dovrebbero solo riguardare beni di prima necessità e confesso che questa è stata l’ultima richiesta che ho fatto on line di questo tipo, almeno colgo l’occasione per condividere il contenuto del libro con voi.
Les prime pagine di Étoile(s) raccontano la lunga degenza di Dorothée Gilbert causata da una frattura da stress del piede sinistro. Un buco all’altezza del secondo metatarso che sembrava non volersi mai più cicatrizzare : dalle 6 settimane prescritte di riposo la ballerina ha dovuto in realtà arrendersi a ben 6 mesi di fermo assoluto. Questa lunghissima pausa è stata causata dalla difficoltà dell’organismo a sviluppare la calcificazione ossea. Motivo: anni di lavoro intenso senza pensare minimamente ad alimentare correttamente il fisico, e non quello di un comune mortale, ma quello di una ballerina che, come l’atleta, abbisogna di elementi nutrizionali differenziati, essenziali ed equilibrati.
Incredibile pensare che una stella del firmamento di uno dei teatri più prestigiosi al mondo sia diventata una professionista senza saper nulla di nutrizione. Ma questa è una delle tante cose che Dorothée Gilbert denuncia nel suo libro in maniera onesta e schietta.
All’Opéra di Parigi non esiste nessun corso sul recupero muscolare, su come evitare di farsi male o come gestire i dolori. Sentirsi forzati a sostituire un collega ammalato malgrado la stanchezza estrema, accumulata nei giorni precedenti ballando in un susseguirsi di rappresentazioni, portano inevitabilmente la ballerina ad avere un primo incidente in scena. Sette saranno gli strappi che subirà ai polpacci. Questi incidenti a ripetizione inducono Dorothée a trovare un nuovo modo di prendersi cura di se e del suo corpo, passando per una corretta alimentazione e idratazione, oltre ad affidarsi alla kinesiterapia. Non si farà mai più male.
Decisa fin dalla tenera età a raggiungere il più alto gradino della schiera gerarchica dell’Opéra, Dorothée è fin troppo franca nel dichiarare di non avere avuto praticamente nessuna delle qualità richieste ad una ballerina. Senza vergogna pubblica le pagelle disastrose dei suoi anni in accademia. Solo « la rabbia di arrivare » ed una tenacia fuori dal comune, unite ad un lavoro estenuante che non conosceva né domeniche né vacanze, l’hanno fatta diventare quello che è oggi. Un isolamento dal mondo (studiava a scuola al mattino ed il resto del tempo lo passava a migliorarsi in sala ballo) da fare traballare psicologicamente in poco tempo chiunque, un isolamento durato ben 6 anni (gli anni passati in accademia).
Passa dunque il messaggio che sa oggi di antico: non importa se non hai le qualità richieste, se ti applichi e ti sfinisci di intenso lavoro puoi realizzare il tuo sogno. Oggi che moltissimi ragazzi sono quasi esclusivamente condizionati da YouTuber o influencers che solo in apparenza sembrano avere creato dal nulla un mestiere altamente redditizio, dal facile guadagno, vedo positivamente questo racconto. Credo però che coloro che leggono questo libro siano gli appassionati di danza, le allieve ballerine che sognano di diventare un giorno come la Gilbert , ed allora non so, in questo caso, se sia giusto comunicare questa abnegazione, questa forsennata dedizione alla danza anche quando scarseggiano le qualità. Ho visto troppe ragazzine incaponirsi, temere il giudizio dei genitori e ritrovarsi, a più di 20 anni, a passare da un’audizione all’altra, da un fallimento ad un altro o fintamente gioire per un brevissimo contratto della durata di un’estate. Gli insegnanti di danza dovrebbero assumersi la grande responsabilità di guidare gli alunni verso una via di uscita quando, anche fosse a metà percorso, i progressi sperati faticano ad arrivare. Da questo punto di vista l’Opéra è molto dura ma coerente con questo discorso poiché, ad ogni esame di fine d’anno, non tutti passano al corso successivo e chi non passa é fuori dai giochi.
Il libro è ricco di fotografie inedite, per la maggior parte scattate da James Bort, marito della Gilbert. La mia preferita è quella proveniente dagli archivi personali della ballerina che la ritrae avvinghiata al collo del fotografo che tiene in braccio la loro Lily appena nata. Un ritratto di profonda felicità e toccante tenerezza.