Il 7 aprile alle 16:00 la Compagnia Aterballetto è in scena sul palcoscenico del Teatro Municipale di Piacenza con un inedito trittico di coreografie: Alpha Grace e “O” di Philippe Kratz , Bliss di Johan Inger.
È lo stesso Inger a raccontare di Bliss: “Il punto di partenza di questo spettacolo è la musica del Köln Concert di Keith Jarrett, che, oltre che il sottoscritto, ha ispirato e toccato milioni di persone grazie al suo perfetto tempismo nell’attirare una generazione che si muoveva da una parte all’altra della propria vita. Il mio compito, insieme a quello dei danzatori, è quello di raccontare come ci relazioniamo con questa musica iconica. Nel modo in cui incontriamo questa musica con gli occhi di oggi, è presente sia una sfida compositiva che emotiva. Oggi mi è stato chiesto di dare un’idea di cosa sarà il mio lavoro, ma la verità dello spettacolo dovrà essere scoperta attraverso il mio incontro con i danzatori e, insieme, dal nostro incontro con la musica del Köln Concert. Quindi eccoci qui, tutti quanti, non importa quale sia la nostra esperienza. Siamo “principianti” l’uno nei confronti dell’altro e nei confronti della musica che darà voce a questo nuovo incontro”.”
Alpha Grace, di Philippe Kratz (Premio Danza&Danza 2019 ‘Miglior Coreografo’), ha debuttato nel 2021 a Operaestate Festival di Bassano del Grappa e ha come oggetto l’empatia intesa come percezione di noi stessi in relazione a chi ci sta accanto. Questo passo a sei è una riflessione sull’empatia, una forma di comunicazione gentile tra persone che si sentono sullo stesso piano. Anch’essa messa a dura prova dai tempi presenti. Alpha Grace si rivolge al passato, all’essenziale, e in questo caso, a una delle nostre virtù forse più importanti: la compassione, l’empatia, intesa come percezione di noi stessi su un piano comune con chi ci sta accanto. Uno stato che ci permette di comprendere davvero l’altro, di non vederlo come diverso, di imparare a provare le sue stesse emozioni e così conoscerne il valore.
La parola “alpha“, simbolo dell’arcaico, si abbina alla parola “grace“,la gentilezza dal valore quasi sacrale. La creazione lascia scorrere davanti ai nostri occhi momenti di solitudine, in cui gli interpreti comunicano individualmente. Poi, progressivamente, più persone si aggiungono al quadro fino ad arrivare a un’azione di gruppo in cui le varie voci nella loro dispersione seguono un ritmo che finalmente li accomuna.
Il duo “O” ci propone due corpi / automi, che ci obbligano a interrogarci su come potrebbe mutare il senso del contatto fisico: resterà emotivo e sentito, o diventerà seriale e alienato?
L’idea alla base di “O” è l’eternità e come raggiungerla è l’obiettivo finale dell’umanità. Come per esempio nell’estate del 2017 a Hong Kong, quando per la prima volta due robot umanoidi hanno interagito l’un con l’altro. È diventato chiaro a tutti che un futuro, in cui l’intera conoscenza umana viene trasmessa da materiale inorganico comunicante, è a portata di mano.
“O” può essere visto come due esseri umani o due robot che celebrano questo avvenimento in uno stato di trascendenza e realizzazione emotiva, in cui entrambi si muovono insieme al ritmo infinito dei loro cuori inarrestabili.
Oppure, come il computer dell’astronave Hal nel film di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio quando dice in modo illusorio: “So di aver preso alcune decisioni molto scarse di recente, ma posso darti la mia completa assicurazione che il mio lavoro tornerà alla normalità. Ho ancora il massimo entusiasmo e fiducia nella missione. E voglio aiutarti.”