Il 6 gennaio di 30 anni fa moriva Rudolf Nureyev, il mito.
Sono passati 30 anni ma è sempre vivo il ricordo di questo mostro sacro della danza, Rudolf Nureyev. Rudy, il tartaro volante, come spesso veniva chiamato. Il danzatore che osò per primo nel 19661 sfidare il regime russo chiedendo asilo politico in Francia in nome della libertà e che divenne in pochissimo tempo una star acclamata in tutto il mondo.
In questi trent’anni senza Nureyev moltissimi hanno tenuto vivo il ricordo a partire dalla fondazione che porta il suo nome e diverse sono state le pubblicazioni ed i film sulla vita di questo ballerino eccezionale conosciuto da tutti.
Il 6 gennaio 1993, all’età di 54 anni, Rudolf Nureyev moriva a Parigi. Il Teatro alla Scala lo ha ricordato, in apertura della stagione del balletto, mettendo in scena una delle sue coreografie più belle: “Lo schiaccianoci”. Oggi la piattaforma Sky lo omaggia con uno speciale alle ore 21.00 su SkyTG24 ed alle 23.10 su Sky arte.
Anche per me Rudolf Nureyev è stato un mito, era il danseur noble dallo sguardo ammaliante. Aveva una presenza scenica ed un’eleganza che faceva sì che una volta posato lo sguardo su di lui non lo mollavi più. Purtroppo l’ultimo ricordo che ebbi di questa stella della danza non fu dei più felici. Andai a vederlo nel 1984 al Teatro La Fenice dove ballava in “Arlequin magicien par amour“, una coreografia che era stata creata appositamente dall’Opéra di Parigi per i festeggiamenti del carnevale di Venezia. Con tutta probabilità Nureyev era già malato e per me, giovane allieva ballerina, fu una vera delusione: la coreografia era misera e ripetitiva ed il grande ballerino non saltava più. Col tempo lo perdonai, capii che il suo amore per la danza era unico, assoluto ed eterno. Quel amore viscerale lo dichiarò con tutta la forza che gli rimaneva nella testamento artistico “Lettera alla danza” e lo dimostrò fino alla fine quando, molto sofferente, a pochi mesi dalla morte, volle a tutti i costi farsi accompagnare sul palcoscenico del suo teatro, l’Opéra di Parigi, alla prima di «Bayadere», cosciente del suo stato terminale, ma fiero di poter salutare per un’ultima volta ancora il suo pubblico.
Per voi, qui di seguito, un breve estratto della mia intervista a Luigi Pignotti, manager di Rudolf Nureyev per quasi 30 anni: