Lo Schiaccianoci di Amedeo Amodio/Emanuele Luzzati è da vedere almeno una volta nella vita.
A trent’anni dalla sua creazione, Lo Schiaccianoci di Amedeo Amodio, sulle familiari note di Piotr Ilych Ciaikovsky e con le fantasmagoriche scene e costumi di Emanuele Luzzati, si vedrà in Italia anche nella stagione in corso. Il debutto, con i russi Liudmila Konovalova (Balletto dell’Opera di Vienna) e Alexei Popov (Balletto dell’Opera di Monaco di Baviera), è previsto per il 16 novembre al Teatro Lirico di Cagliari, con repliche fino al 24 novembre.
Le due étoile internazionali rappresentano le due grandi scuole di balletto russe (la Konovalova si è diplomata presso la Scuola del Bolshoi di Mosca, mentre Popov ha studiato all’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, entrando poi nella compagnia del
Mariinsky). A loro si alternerà, in altri cast, una coppia di stelle del balletto molto amata in Italia: Anbeta Toromani e Alessandro Macario.
A contornarli, nei variopinti ruoli di maghi prestigiatori, balocchi, topastri, soldatini, arlecchini, clown, teiere e tazze danzanti, papageni mozartiani, bimbi pestiferi e nonni-poltrona, i ballerini della Daniele Cipriani Entertainment. L’Orchestra del Teatro Lirico e il Coro di voci bianche del Conservatorio Statale di Musica “Giovanni Pierluigi da Palestrina” di Cagliari sono diretti da Alessandro Ferrari. Il maestro del Coro di voci bianche è Enrico Di Maira.
“È senza dubbio Lo Schiaccianoci più bello della storia del balletto”, ci dice Daniele Cipriani. “Alcuni anni fa, vidi le scene e i costumi meravigliosi, nati dai colori della tavolozza e dall’arcobaleno della fantasia di Emanuele Luzzati, che languivano in fondo a un magazzino; ho preso il coraggio a due mani, li ho acquistati e così hanno potuto ritornare a splendere. Andare a vedere Lo Schiaccianoci di Amodio/Luzzati è come andare a vedere un’opera d’arte vivente, anzi danzante.”
Si tratta di una produzione su grande scala, paragonabile per dimensioni e qualità solo a quelle dei più importanti teatri lirici: in scena quasi 40 artisti (37 ballerini, 2 artisti del teatro d’ombre e un trampoliere); dietro le quinte una quindicina di persone, tra maîtres, staff tecnico, sarte ecc. Uno spiegamento di talenti che anche quest’anno fa de Lo Schiaccianoci di Amodio/Luzzati uno degli eventi principali della stagione). il successo finora (oltre 50.000 gli spettatori in tutta Italia che hanno finora visto il balletto) gli è valso il premio “Oscar della Danza – Best Italian Dance Box Office 2016/2017”.
Mentre la maggior parte degli Schiaccianoci “tradizionali” – a partire dalla prima versione del coreografo Marius Petipa (San Pietroburgo, 1892) – si rifanno all’adattamento e addolcimento del racconto da parte dello scrittore Alexandre Dumas, il balletto di Amodio s’ispira alla novella originale Schiaccianoci e il Re dei topi di E.T.A. Hoffmann, riscoprendo le tinte forti dello scrittore tedesco e sottolineando il confine labile tra immaginazione e realtà.
In questo Schiaccianoci, creato da Amodio nel 1989 per i grandi Elisabetta Terabust e Vladimir Derevianko negli anni d’oro dell’ATER Balletto (e in cui il coreografo era al timone della compagnia), lo Schiaccianoci del titolo non è il prodotto di un sortilegio, bensì della fantasia di una bambina in cui uno schiaccianoci può benissimo essere un principe, un’ombra sulla parete può diventare un drago in quel mondo dove desiderio e paura, sogno e incubo si sovrappongono in continuazione. “Ogni bambino ha dentro di sé qualcosa di unico, un potenziale creativo incredibile. Il mio Schiaccianoci ha questa componente”, spiega Amedeo Amodio.
Lo Schiaccianoci di Amodio/Luzzati si rivolge a grandi e piccini e s’inserisce nell’ambito dell’impegno personale di Daniele Cipriani a recuperare il repertorio italiano del balletto della seconda metà del ‘900. Questa produzione è una delle sue colonne portanti, esempio delle vette artistiche toccate quando alla robustezza del pensiero tedesco e all’anima russa che impregna la partitura, si uniscono anche l’estro e la fantasia italiani: la coreografia di Amodio, le scene e costumi di Luzzati, le “ombre” ideate dal Teatro Gioco Vita (e qui realizzate della Compagnia teatrale L’Asina sull’Isola), gli inserimenti musicali di Giuseppe Calì e della voce di Gabriella Bartolomei volti a dar risalto all’odore sulfureo che si alza dalle pagine di Hoffmann e, ogni tanto, s’insinua anche tra le note di Ciaikovsky.
A trent’anni dalla sua creazione, Lo Schiaccianoci di Amedeo Amodio, sulle familiari note di Piotr Ilych Ciaikovsky e con le fantasmagoriche scene e costumi di Emanuele Luzzati, si vedrà in Italia anche nella stagione in corso. Il debutto, con i russi Liudmila Konovalova (Balletto dell’Opera di Vienna) e Alexei Popov (Balletto dell’Opera di Monaco di Baviera), è previsto per il 16 novembre al Teatro Lirico di Cagliari, con repliche fino al 24 novembre. Le due étoile internazionali rappresentano le due grandi scuole di balletto russe (la Konovalova si è diplomata presso la Scuola del Bolshoi di Mosca, mentre Popov ha studiato all’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, entrando poi nella compagnia del Mariinsky). A loro si alternerà, in altri cast, una coppia di stelle del balletto molto amata in Italia: Anbeta Toromani e Alessandro Macario.
A contornarli, nei variopinti ruoli di maghi prestigiatori, balocchi, topastri, soldatini, arlecchini, clown, teiere e tazze danzanti, papageni mozartiani, bimbi pestiferi e nonni-poltrona, i ballerini della Daniele Cipriani Entertainment. L’Orchestra del Teatro Lirico e il Coro di voci bianche del Conservatorio Statale di Musica “Giovanni Pierluigi da Palestrina” di Cagliari sono diretti da Alessandro Ferrari. Il maestro del Coro di voci bianche è Enrico Di Maira.
“È senza dubbio Lo Schiaccianoci più bello della storia del balletto”, ci dice Daniele Cipriani. “Alcuni anni fa, vidi le scene e i costumi meravigliosi, nati dai colori della tavolozza e dall’arcobaleno della fantasia di Emanuele Luzzati, che languivano in fondo a un magazzino; ho preso il coraggio a due mani, li ho acquistati e così hanno potuto ritornare a splendere. Andare a vedere Lo Schiaccianoci di Amodio/Luzzati è come andare a vedere un’opera d’arte vivente, anzi danzante.”
Si tratta di una produzione su grande scala, paragonabile per dimensioni e qualità solo a quelle dei più importanti teatri lirici: in scena quasi 40 artisti (37 ballerini, 2 artisti del teatro d’ombre e un trampoliere); dietro le quinte una quindicina di persone, tra maîtres, staff tecnico, sarte ecc. Uno spiegamento di talenti che anche quest’anno fa de Lo Schiaccianoci di Amodio/Luzzati uno degli eventi principali della stagione). il successo finora (oltre 50.000 gli spettatori in tutta Italia che hanno finora visto il balletto) gli è valso il premio “Oscar della Danza – Best Italian Dance Box Office 2016/2017”.
Mentre la maggior parte degli Schiaccianoci “tradizionali” – a partire dalla prima versione del coreografo Marius Petipa (San Pietroburgo, 1892) – si rifanno all’adattamento e addolcimento del racconto da parte dello scrittore Alexandre Dumas, il balletto di Amodio s’ispira alla novella originale Schiaccianoci e il Re dei topi di E.T.A. Hoffmann, riscoprendo le tinte forti dello scrittore tedesco e sottolineando il confine labile tra immaginazione e realtà.
In questo Schiaccianoci, creato da Amodio nel 1989 per i grandi Elisabetta Terabust e Vladimir Derevianko negli anni d’oro dell’ATER Balletto (e in cui il coreografo era al timone della compagnia), lo Schiaccianoci del titolo non è il prodotto di un sortilegio, bensì della fantasia di una bambina in cui uno schiaccianoci può benissimo essere un principe, un’ombra sulla parete può diventare un drago in quel mondo dove desiderio e paura, sogno e incubo si sovrappongono in continuazione. “Ogni bambino ha dentro di sé qualcosa di unico, un potenziale creativo incredibile. Il mio Schiaccianoci ha questa componente”, spiega Amedeo Amodio.
Lo Schiaccianoci di Amodio/Luzzati si rivolge a grandi e piccini e s’inserisce nell’ambito dell’impegno personale di Daniele Cipriani a recuperare il repertorio italiano del balletto della seconda metà del ‘900. Questa produzione è una delle sue colonne portanti, esempio delle vette artistiche toccate quando alla robustezza del pensiero tedesco e all’anima russa che impregna la partitura, si uniscono anche l’estro e la fantasia italiani: la coreografia di Amodio, le scene e costumi di Luzzati, le “ombre” ideate dal Teatro Gioco Vita (e qui realizzate della Compagnia teatrale L’Asina sull’Isola), gli inserimenti musicali di Giuseppe Calì e della voce di Gabriella Bartolomei volti a dar risalto all’odore sulfureo che si alza dalle pagine di Hoffmann e, ogni tanto, s’insinua anche tra le note di Ciaikovsky.
Daniele Cipriani ci tiene a sottolineare che “In un’Italia dove i corpi di ballo chiudono tristemente i battenti uno dopo l’altro, la Compagnia Daniele Cipriani Entertainment sente profondamente la sua missione a dare uno spazio ai talenti italiani di esprimersi e crescere artisticamente.”
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