Dal 15 al 18 maggio 2025 il Piccolo Teatro accoglie come ogni anno al Teatro Strehler lo spettacolo della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, diretta da Frédéric Olivieri, da poco tornato a guidare anche il Corpo di ballo scaligero.
In programma, dopo la Presentazione della Scuola nella coreografia dello stesso Olivieri, la ripresa di New Sleep (Duet) di William Forsythe, affrontato per la prima volta nella scorsa stagione, il classico Divertissement dalla Paquita di Petipa e un pezzo appena entrato nel repertorio della Scuola, Rossini cards di Mauro Bigonzetti.
Il programma si apre, come sempre, con la Presentazione ideata sugli Études di Carl Czerny da Frédéric Olivieri, una finestra aperta sul viaggio formativo degli allievi, un vero e proprio manuale danzato che illustra il progressivo affinamento delle abilità dei giovani talenti nel corso degli otto anni di apprendimento. Il pezzo consentirà di cogliere visivamente la loro crescita tecnica, grazie al susseguirsi in scena dei vari corsi.
New Sleep (Duet) rappresenta per gli allievi della Scuola un rinnovato confronto con l’energica e complessa gestualità che contraddistingue l’universo coreografico di William Forsythe, di cui l’Accademia vanta già in repertorio The Vertiginous Thrill of Exactitude e In the Middle, Somewhat Elevated. Duetto elettrizzante tratto dall’originale pezzo creato nel 1987 per il San Francisco Ballet, e presentato in questa veste per un Gala con Katherina Markowskaja e Noah Gelber nel 2011, New Sleep (Duet), secondo la caratteristica cifra stilistica del coreografo statunitense, richiede ai danzatori movimenti che sfidano le leggi di gravità, sui ritmi insistenti della musica di Thom Willems, satura di echi urbani. L’essenzialità del nero dei costumi concentra l’attenzione sulla potenza del gesto. Prezioso anche quest’anno il contributo di Kathryn Bennetts, figura chiave nella carriera di Forsythe fin dai tempi dello Stuttgart Ballet, nel trasmettere agli allievi il dettato interpretativo del pezzo.
Lo spettacolo prosegue con una Suite dal divertissement di Paquita di Marius Petipa, rimontato dai maestri della Scuola Leonid Nikonov e Tatiana Nikonova. Balletto ambientato nella Spagna dominata dai francesi sotto Napoleone, Paquita debutta come balletto in due atti e tre scene a Parigi nel 1846, su coreografia di Joseph Mazilier, libretto di Mazilier e Paul Foucher, musiche di Édouard-Marie-Ernest Deldevez. Il balletto, arrivato ai Teatri Imperiali di San Pietroburgo nel 1847, venne danzato nel ruolo protagonista da Marius Petipa che ne revisionò la messa in scena in tre atti insieme a Pierre Frédéric Malavergne. La versione destinata a diventare di riferimento per Paquita fu però quella curata da Petipa nel 1881 a San Pietroburgo, con l’aggiunta delle musiche e la collaborazione di Ludwig Minkus. Petipa rivide il Pas de trois del primo atto, coreografando per il terzo atto nuovi numeri destinati a grande fortuna: una Polonaise-Mazurka interpretata da bambini, seguita da un capolavoro di virtuosismo: il Grand Pas Classique, composto da Entrée, Adagio, Variation après l’Adagio, Variazioni e Coda. Se infatti, dopo la rivoluzione del 1917, Paquita come balletto completo venne tolto dal repertorio per rinascere negli anni Duemila con le ricostruzioni dei coreografi Pierre Lacotte (al Teatro alla Scala il prossimo giugno con la partecipazione degli allievi più piccoli della Scuola di Ballo nella Polonaise-Mazurka) e di Alexei Ratmansky, il gran finale del terzo atto ideato da Petipa, con frequente inserimento del Pas de trois, divenne uno dei Divertissement a sé stanti più noti del repertorio classico.
La Suite dal Divertissement scelta per lo spettacolo si apre con il Pas de deux sull’Adagio che impegna, oltre alla coppia principale (Paquita e Lucien), un corpo di ballo femminile composto da quattordici allieve degli ultimi anni. Seguono il brillante Allegro della Variation après l’Adagio, il Pas de trois, le variazioni solistiche di Paquita e Lucien, la chiusura spumeggiante della Coda. Un’immersione nella tecnica accademica intrecciata a un elegante sapore di Spagna all’insegna dello studio del repertorio.
Si chiude con Rossini cards di Mauro Bigonzetti, creazione del 2004, riproposta per questa occasione grazie al lavoro di Roberto Zamorano e con la preziosa supervisione dello stesso Bigonzetti. Affrancata da vincoli narrativi, Rossini cards si dispiega in una sequenza di istantanee di esistenze parallele: visioni, frammenti, simboli intensi e momenti di giocosa ironia. La vibrante energia dei giovani interpreti si sposa perfettamente con la dinamicità che anima questo pezzo, che restituisce nei movimenti il ritmo incalzante ed insieme esatto e geometrico della musica di Rossini.
Apre una sorprendente scena conviviale in cui i danzatori, seduti, intessono un vivace dialogo di movimenti di testa e braccia sulle note del sestetto “Questo è un nodo avviluppato” da La Cenerentola. Seguono cinque brevi coreografie – fra assoli, duetti e terzetti – caratterizzate da che alternano sinuosità ammalianti a celebrazioni della purezza formale, intrecci di prese audaci a manifestazioni di profonda sintonia. La prima, su Ouf! Les petits pois dai Péchés de vieillesse (Peccati di vecchiaia, raccolta di brevi composizioni per pianoforte solo, per voce e pianoforte, per ensemble vocali e cameristici), vede impegnati un ragazzo e una ragazza in un duetto a terra in cui scultoree pose plastiche dialogano con sinuose concatenazioni; quindi, irrompe un assolo femminile dai movimenti rapidi e febbrili sull’Andante della Sonata per archi n.2, a cui fa seguito sull’Allegro della stessa Sonata, un terzetto giocato su nodi coreografici ed elevazioni al limite del rischio. È il Prélude fugassé, brano sempre tratto dai Péchés de vieillesse, a scandire un altro assolo femminile incalzante nella vivacità ritmica e nella precisione del tratto sulle punte, a cui segue un momento ironico e divertente con una ballerina che legge una delle ricette gastronomiche di Rossini, noto per avere nella cucina un’altra musa ispiratrice. Il duo femminile in bianco e nero sul Prélude inoffensif, pervaso da un’intesa magnetica e complice, precede il gran finale: un tripudio di ritmo e allegria sull’Ouverture de La gazza ladra, dove il crescendo rossiniano si traduce in una contagiosa coreografia eseguita dagli interpreti tutti abbigliati in giacca, pantaloni e basco nero, senza distinzione di genere.