ph. Kiran West |
John Neumeier non vuole spiegare La sua Dame aux camélias.
Può parlare per ore di un gesto, della delicatezza di un passo ma non può parlare di ciò che esprime il suo lavoro perché ciò che avviene tra lui ed i ballerini, l’alchimia che si crea tra gli interpreti a mano a mano che il coreografo lavora intimamente con loro sui personaggi, non può essere raccontata.
L’autore pretende da se stesso che arrivi al pubblico la vera natura del suo lavoro, e cioè, l’autentica emozione scaturita dalle diverse interpretazioni dei personaggi. Benché il balletto si basi su un romanzo (quello di Dumas figlio), e la coreografia si snoccioli sul racconto del giovane Armand Duval che si accorge troppo tardi del suo amore profondo per Marguerite, il coreografo desidera dare maggiormente importanza al racconto dei sentimenti attraverso i gesti piuttosto che alla storia in se.
A dieci anni dall’ultima rappresentazione di questa coreografia alla Scala, John Neumeier lavora con 4 nuovi cast scelti da lui e, con ciascuno dei ballerini, opera meticolosamente per realizzare una Dame aux camélias che non può che risultare autentica ma al contempo diversa a seconda delle personalità dei suoi interpreti.
Dunque non c’è niente da dire poiché, come dice Neumeier, nonostante questo suo lavoro si rinnovi ad ogni allestimento, “il balletto va visto e basta; quello che coreografo lo sento e non lo posso raccontare” perché i sentimenti suscitati dagli interpreti prevaricano tutto e ciò che lo spettatore può immaginare o vedere è qualcosa di unico e di piacevolmente personale che va vissuto.
John Neiumeier non è solo un grande coreografo ma è un uomo di rara sensibilità che regala ogni volta al pubblico un’esperienza sentimentale che non si vorrebbe finisse mai.