K come k.o., knock out, fuori combattimento, ovvero, kappaò del ballerino.
I ballerini, si sa, sono abituati a danzare coi dolori muscolari, con le vesciche ai piedi ed anche con… la febbre. Quasi tutti, se intervistati, possono raccontare di aver danzato almeno una volta covando l’influenza oppure letteralmente con la febbre alta, cioè k.o.
Il motivo è semplice: un ballerino è abituato sin da piccolo a sopportare la fatica, i dolori, le contratture muscolari. Se cade si rialza subito a meno che il trauma sia davvero grave. Il danzatore che viene sorpreso dalla febbre influenzale poche ore prima di entrare in scena sente la responsabilità del ruolo per il quale ha lavorato lungamente con grande dedizione e dunque difficilmente rinuncia ad esibirsi e ballare; spesso è la forza dell’adrenalina che lo tiene in piedi.
Il 7 febbraio del 2020 avevo appuntamento per un’intervista a fine spettacolo con Nicola Del Freo, all’epoca ballerino solista del Teatro alla Scala (oggi primo ballerino), impegnato accanto alla prima ballerina Marta Romagna, nel balletto di Roland Petit Le Jeune Homme et la Mort. Quella sera raggiunsi Nicola in camerino che mi confessò di avere la febbre alta e di sentirsi malissimo nonostante avesse danzato davvero bene e ricevuto calorosi applausi da parte del pubblico in sala. Accanto a lui c’era la fidanzata, diventata poi sua moglie, Virna Toppi, molto preoccupata. Riuscimmo comunque a fare una bella chiacchierata malgrado il momento davvero difficile.
Alcune settimane dopo questo fatto parecchi ballerini del corpo di ballo del Teatro alla Scala erano a casa ammalati con tosse e febbre. Il 9 marzo 2020 tutti gli abitanti del nostro paese (e a seguire quelli del mondo intero), si ritrovarono forzatamente rinchiusi nelle proprie abitazioni in quello che tristemente ricordiamo come il primo lockdown della storia dell’umanità causato dalla pandemia del covid-19.
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