Ieri sera, al Teatro Elfo Puccini di Milano, è andato in scena Les nuits barbares ou les premiers matins du monde, di Hervé Koubi.
Questo lavoro nasce dalla necessità del coreografo francese di ritrovare le sue origini algerine, scoperte solo in età adulta. Tale scoperta sconvolgente gli fa intraprendere un viaggio alla ricerca dei suoi antenati che durerà 5 anni, tra l’Algeria e la Francia, al di là e al di qua del Mediterraneo.
In queste “notti barbare”, frutto dunque di una ricerca personale del coreografo, irrompono sulla scena 15 meravigliosi ballerini che ballano incessantemente una danza apparentemente tribale ma che sottintende una preparazione fisica notevole costruita al di fuori dai classici schemi accademici, ricca di infiniti salti acrobatici, giravolte furenti tratte dalla break/street dance. Vediamo quindi comparire in scena dei fisici maschili mozzafiato, con una meravigliosa maschera luccicante di brillanti che ricopre interamente la testa sovrastata da due corna di metallo. Queste ultime scopriremo essere dei coltelli affilati coi quali i ballerini si sfiorano, si toccano, senza farsi del male. Un chiaro messaggio proveniente dall’oriente: la virilità maschile esaltata dal tocco tra uomini, senza alcun significato ambiguo, che vuole piuttosto essere un gesto di attenzione per l’altro.
Via le maschere, via i coltelli: gli uomini appaiono come sono; si sfiorano, si temono, scazzottano, si uniscono. Ecco quindi che il lavoro di ricerca del coreografo si traduce nella semplice esigenza di muoversi verso lo sconosciuto, di andare verso l’altro, fino a prendersi cura dell’altro.
Tra i ballerini della compagnia di Koubi, oltre a dei francesi, ed un italiano, ci sono diversi algerini e marocchini: sono i suoi fratelli ritrovati, come li ama definire lui stesso. E questo sentimento di fratellanza viene sicuramente percepito dallo spettatore perché ciascuno di loro trasmette ballando un’energia senza eguali, un’attitudine fiera che emana un forte senso di appartenenza che viene da lontano.
La musica sacra che detta e ritma la danza di Hervé Koubi oscilla indistintamente tra Wagner, Mozart e Fauré, tra oriente e occidente, al di là e al di qua del mare, senza quasi che ce ne accorgiamo, come a farci comprendere che, in fondo, siamo tutti originari del nostro bel Mediterraneo.
Tantissimi applausi per i ballerini e per Hervé Koubi. Stasera si replica.
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