J come jeté o battement jeté, ma anche coupé jeté, petit jeté, jeté battu, jeté temps levé, jeté en tourant, jeté en tournant entrelacé, grand jeté. Li ho nominati tutti?
Tanti sono i passi della danza classica che hanno la parola jeté e che derivano dal semplice esercizio che si fa alla sbarra e che consiste nella versione en l’air diciamo dell’ancora più semplice dégagé.
E’ curioso come il grand jeté sia stato usato sovente al di fuori dall’ambito della danza classica, sicuramente per la spettacolarità del passo, o meglio, del salto in quanto riserba un’ottima tecnica con un livello di preparazione e studio superiore. Il grand jeté fa parte dei così detti grandi salti e consiste in una grande spaccata in aria, tra i più virtuosi, spesso riservato alla scena trionfale finale con uscita dal palcoscenico. Nella figura qui accanto vediamo Maria Celeste Losa, ballerina solista del Teatro alla Scala, in un eccezionale grand jeté dove addiritura la gamba davanti va oltre i 180°. Qui è “in volo” in una scena del balletto Sylvia di Manuel Legris.
Tra le coreografie troviamo quella creata da Silvia Gribaudi dal titolo, appunto, GRAND JETÉ. La coreografa esplora il significato che può avere questo salto virtuoso nella vita di tutti i giorni. Quanto impegno richiede un salto così eclatante verso l’ignoto e quale sarà l’atterraggio verso ciò che non conosciamo? Come si affronta il fallimento per decollare di nuovo?
Gran Jeté – Sensuale danza dei corpi è un film del 2022 diretto da Isabelle Stever e tratto dal romanzo Fürsorge di Anke Stelling. Nadja è un ex ballerina, insegnante di danza, logorata nel corpo e nell’anima, che ritrova il figlio Mario dopo averlo lasciato crescere con sua madre. La base narrativa però non è la danza ma l’incesto. Un film crudo sui rapporti familiari, vincolato dal concetto dell’uso estremo del corpo. Un racconto che purtroppo porta lo spettatore ancora verso vecchi stereotipi come la schiavitù della ballerina con l’ossessione per la ricerca dell’estrema magrezza o il rapporto violento tra insegnante e giovane allievo ballerino. Un Grand jeté che con il virtuosismo e la bellezza dell’arte della danza non ha nulla a che fare.
Bellezza ed eleganza li riscontriamo invece nel Grand Jeté di Hermès, nome dato ad un anello dal famoso brand francese. Così viene descritto dalla maison il design di questo solitario: “In una coreografia di pietre preziose, tra la grazia di un solitario e il ritmo dettato dagli anelli, Pierre Hardy rende omaggio al movimento e alla danza.”
E voi? A cosa pensate se vi dico jeté?
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