A TORINODANZA FESTIVAL L’IRONIA E LA LEGGEREZZA DI SILVIA GRIBAUDI CON “MONJOUR” IN PRIMA NAZIONALE
Un cartoon contemporaneo fatto di corpi in carne ed ossa guidati dall’ironia e dalla leggerezza di una delle artiste di punta della nuova danza italiana. Dopo aver aperto l’edizione 2020 con l’evento inaugurale Festa!, la pluripremiata coreografa e performer Silvia Gribaudi torna al Torinodanza Festival con la prima nazionale di MONJOUR, in programma venerdì 8 e sabato 9 ottobre, alle 20.45, alle Fonderie Limone di Moncalieri.
Artista apprezzata grazie al successo di lavori quali R. OSA e Graces, Gribaudi è interprete di un’originale danza umoristica «che colpisce per guizzo creativo, capacità di scrittura e messa in gioco del rapporto interpersonale con gli spettatori» (ilmanifesto.it). Con Monjour, prodotto da Torinodanza insieme a Teatro Stabile del Veneto e Les Halles de Schaerbeek, conclude un percorso biennale condotto fra le valli di montagna e la città nell’ambito del progetto europeo Alcotra Corpo Links Cluster. Originariamente ispirato agli aneddoti e immaginari raccolti nel 2019 durante la prima residenza a Prali, in val Germanasca, il concept della nuova creazione indaga il rapporto tra corpo e comicità, tra disegno ed estetica, che si attiva nel reciproco scambio tra spettatore e artista. Realizzato con la consulenza drammaturgica di Matteo Maffesanti, le illustrazioni pop di Francesca Ghermandi, le luci di Leonardo Benetollo e le musiche di Nicola Ratti abbinate a quelle di Gioachino Rossini, lo spettacolo vede protagonisti accanto a Silvia Gribaudi cinque funambolici performer: Salvatore Cappello, Nicola Simone Cisternino, Riccardo Guratti, Fabio Magnani e Timothée-Aïna Meiffren.
«Monjour è una lente di ingrandimento sull’interdipendenza tra pubblico e performer – racconta Silvia Gribaudi –. Nello spettacolo si replica una costante dedica: “It is for you!”, è per te ogni azione, ogni celebrazione, anche quando c’è silenzio o il ritmo della relazione subisce distanze forzate. Nel silenzio fanno eco queste parole che contengono alcuni dei molti interrogativi che hanno mosso la ricerca artistica: quale verità è contenuta nel donarsi dei performer davanti al pubblico? Quanto è reciproca l’azione e quali sono le disparità di potere in campo? Quale necessità lega spettatori e performer e, su un livello ancor più generale, quale responsabilità ci prendiamo tutti per continuare ad esistere insieme?».
Sul palco un attore/clown, due acrobati circensi e due danzatori dialogano con la coreografa in platea, destrutturando e ricostruendo con abile virtuosismo le immagini che il pubblico vede durante la performance. Scompaginando l’ordine e i ruoli di artisti e regista, questa interdipendenza diventa un urlo che mette al centro la fragilità umana come punto di forza, la fallibilità come potere rivoluzionario. Si compie così un rito collettivo fatto di partecipazione, momenti di condivisione e gesti offerti dentro e fuori la scena che celebra il senso stesso del teatro: la necessità di esistere attraverso l’insopprimibile relazione con l’altro.